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Ms. Teresa Albano, Economic Affairs Officer at the Office of the Coordinator of OSCE Economic and Environmental Activities and Senior Project Manager of the E-MINDFUL project; Mr. Stefano Volpicelli, sociologist, member of the Multidisciplinary Working Group of the E-MINDFUL project
Artwork Credits: “The Tightrope Walker”, Roberto Weigand
Dal momento che il 2022 è stato un anno gravoso, ho trascorso le mie vacanze di fine anno facendo overdose di televisione sul mio divano: film, serie TV, cartoni animati, comprese le pubblicità. Alcune produzioni hanno colpito la mia attenzione più di altre: Green Book, ambientato negli anni Sessanta e ispirato alla storia vera di un tour nel “profondo Sud” degli Stati Uniti del pianista afroamericano Don Shirley e del buttafuori italoamericano e poi attore Frank “Tony Lip” Vallelonga, che fungeva da autista e guardia del corpo di Shirley. Il film prende il nome da “The Negro Motorist Green Book” (Il Libro verde dell’automobilista negro), una guida per viaggiatori afroamericani pubblicata da Victor Hugo Green dal 1936 al 1966, che forniva suggerimenti su motel, ristoranti e stazioni di servizio che avrebbero servito gli afroamericani negli Stati in cui vigeva la segregazione razziale negli Stati Uniti meridionali.
Oltre a Green Book, mi è piaciuta molto la serie televisiva Bangla disponibile sulla rete italiana Rai Play, tratta dall’omonimo film “Bangla” vincitore del Premio Donatello – una sorta di Oscar italiano – per il miglior film e la migliore regia. Ambientato nella Roma multietnica di oggi – nel popolare quartiere di Torpignattara – il film – e la serie tv – raccontano la storia di Phaim e Asia, due mondi lontani e, a prima vista, incompatibili. Lui è musulmano e radicato nelle tradizioni familiari bengalesi, lei è atea e figlia di genitori separati. Eppure, come moderni Romeo e Giulietta, nonostante tutto, si amano, ma…..
Non voglio ‘spoilerare’ la vicenda, perché questo è un invito a guardare i film e/o la serie TV, ma entrambi hanno offerto spunti piacevoli, e a volte inquietanti, sul tema dell’integrazione dei migranti nelle comunità di accoglienza. Ciò che i film mettono in evidenza è una domanda chiave: che cos’è l’integrazione?
In effetti, si tratta di una questione rilevante, poiché l’obiettivo centrale del progetto E-MINDFUL è quello di fornire indicazioni-guida su come comunicare il contributo dei migranti alle società ospitanti in modi che possano risuonare al di là della polarizzazione dominante, né “predatori”, né “vittime”. L’intenzione generale del progetto è quella di promuovere le condizioni per la comprensione e il riconoscimento reciproci a sostegno della coesione sociale e della prosperità economica.
Cos’è l’integrazione?
Quali sono le condizioni necessarie che favoriscono comunità in cui tutti si sentono di appartenere? Secondo l’Università delle Nazioni Unite “…..Non esiste una definizione chiara della parola “integrazione”, nonostante l’uso comune del termine” (UNU/CRIS 2002). Alcuni anni fa, nell’ambito di un progetto di ricerca che prevedeva una serie di interviste a responsabili politici, è stato indagato il significato del termine “integrazione” (Volpicelli, 2012). Dalle risposte è emerso come il concetto di “integrazione” possa essere inteso in modi diversi in vari contesti, variando da “assimilazione” a “multiculturalismo”. Nel tentativo di dare indicazioni-guida, l’Unione Europea ha sviluppato una concettualizzazione di integrazione, considerandola come “il processo bidirezionale che comporta un adattamento reciproco dei migranti e della società ospitante”, concetto che offre una prospettiva utile per discutere cosa significhi nella vita reale stabilire una nuova casa in un luogo che non è familiare e talvolta lontano dalle nostre abitudini.
Il processo bidirezionale
Il quadro concettuale del “processo bidirezionale” sembra postulare un’interrelazione dinamica tra i migranti e la società di accoglienza. Suggerisce un adattamento reciproco attraverso il quale i due fattori dell’equazione si modificano in egual misura e generano un ambiente sociale nuovo rispetto a quello originario. Affinché questo processo avvenga nel modo più armonioso possibile, è evidente che è necessaria una condizione preliminare: una posizione di “simmetria” tra il migrante e la società ospitante.
Sotto quali prospettive deve essere considerata questa simmetria?
In primo luogo, una combinazione di norme, politiche, pratiche di applicazione e servizi basati sui bisogni dell’utenza che permettano sia ai migranti sia alle comunità ospitanti – in particolare ai gruppi in situazione di vulnerabilità – di accedere alle opportunità di sostentamento e di partecipazione alla vita sociale, economica, culturale e religiosa. Questo “ambiente favorevole” dovrebbe includere anche l’accessibilità agli spazi fisici che hanno un carattere sociale, politico, religioso e culturale. Chiameremo questo elemento “l’hardware” o la componente “materiale” dell’integrazione.
In secondo luogo, un “atteggiamento emotivo” che permetta agli stranieri – e ad altre persone in situazione di vulnerabilità – di sentirsi accettati e accolti, come “persone di valore”. Grazie a questo atteggiamento emotivo, le differenze possono essere inquadrate e considerate come vantaggi e opportunità per la “nuova” società, mentre le fragilità accolte e affrontate con un senso di solidarietà e coesione. Chiameremo questo elemento “il software” o la componente “immateriale” dell’integrazione.
L’integrazione è un bene di tutti e per tutti
È evidente che, come per un computer, senza un hardware adeguato il software non può funzionare e viceversa. Per sviluppare software sempre più sofisticati, in grado di risolvere sfide sempre più impegnative, è necessario dotarsi di un hardware adeguato. L’interazione dinamica tra migranti e comunità di accoglienza può svolgersi senza strappi laceranti solo quando l’elemento materiale – politiche e pratiche – e l’elemento immateriale – gli atteggiamenti umani ed emotivi – sono allineati e alimentati, cosicché il “processo bidirezionale” possa rinnovare la società e l’economia delle comunità di accoglienza. In questa dinamica, siamo tutti coinvolti, nativi e nuovi arrivati, cittadini e migranti, poiché marginalità e fragilità sono comuni a tutti. Quando queste componenti si inceppano o si ostacolano a vicenda, gli individui – sia migranti che nativi – finiscono per vivere come funamboli, in bilico tra tenebre e luce, incertezza e sicurezza.
Sviluppare narrazioni che possano alimentare l’elemento “immateriale” dell’integrazione è la sfida che il progetto E-MINDFUL ha raccolto. I Gruppi Creativi Multidisciplinari Nazionali sono adesso impegnati nello sviluppare prototipi di campagne informative che vogliono trasmettere messaggi di coesione e solidarietà, in cui le identità individuali si plasmano dinamicamente grazie all’incontro con gli altri, compresi i migranti. Perché noi siamo gli incontri che facciamo.