Antonio Dante Santangelo è professore di Semiotica e Semiotica delle culture digitali presso l’Università di Torino. Come membro del Gruppo Creativo Nazionale Multidisciplinare italiano nel progetto E-MINDFUL ha condotto una ricerca sulle narrazioni della migrazione nel contesto italiano.
Per indagare i complessi fattori che influenzano le attitudini verso i migranti, il progetto E-MINDFUL intende concepire e testare narrazioni sulle migrazioni. Per fare questo, si indirizza al cosiddetto “centro mobile”, coloro che sembrano non avere una chiara opinione sui migranti o che oscillano fra attitudini positive e negative. L’intento è di promuovere narrazioni che vadano al di là della polarizzazione che il tema della migrazione spesso catalizza, superando binomi semplicistici di noi contro loro, migranti-minaccia-terrorismo-invasione. Poiché si propone di raggiungere questo obiettivo su scala internazionale, il progetto cerca di valorizzare allo stesso tempo le somiglianze, ma anche le differenze nei modi in cui le varie culture affrontano e inquadrano la questione migratoria. L’idea è che ci possa essere qualcosa di universale nella condizione di chi migra da un luogo all’altro del mondo, che consente a chiunque di comprendere il senso delle sue scelte e della sua condizione esistenziale. Ma in ogni Paese tutto questo può essere visto con sfumature diverse. Per costruire narrazioni che possano restituire la realtà di questa condizione, e che funzionino in Italia e in Serbia, in Germania o Bulgaria, E-MINDFUL prova a immaginare storie che appaiano simili, perché incentrate su un medesimo sostrato comune, ma anche differenti, perché focalizzate su temi e figure che cambiano, a seconda del contesto nazionale in cui vengono raccontate.
Guidare il processo creativo che conduce alla concezione di questo genere di narrazioni, e fare in modo che queste ultime assumano un significato comparabile agli occhi dei loro diversi destinatari, ma senza per questo perdere di specificità e di presa nei vari contesti culturali, è possibile, servendosi di quello che in semiotica viene definito “metodo generativo” per la costruzione e per l’analisi dei testi narrativi (Greimas, 1983; Floch, 1990; Marsciani e Zinna, 1991). Secondo questo approccio, il senso di ogni storia si dà per gradi, come se si passasse da un nocciolo semantico molto semplice, detto “livello profondo”, in cui si oppongono grandi valori più o meno “universali”, a livelli più complessi, in cui questi valori vengono fatti propri da personaggi che assumono determinati ruoli, agiscono in un certo modo e incarnano i valori stessi da specifici punti di vista tematici, assumendo particolari sembianze e operando in luoghi e in situazioni ben determinati. Tutti elementi che contribuiscono ad arricchire queste narrazioni, contestualizzandole e mettendole bene a fuoco. Partendo da questo modello della significazione dei testi narrativi, si può pensare che opere apparentemente diverse, perché ambientate in spazi e tempi differenti, incentrate sulle vicende specifiche di soggetti particolari, abbiano in comune il medesimo funzionamento strutturale – per l’appunto, “profondo” – e che, per questo, pur riconoscendo a ognuna un senso proprio, vi si possa anche rinvenire un significato simile, un po’ come se ci si trovasse di fronte all’occorrenza specifica di qualcosa di molto più generale.
Facciamo un esempio. Si può immaginare che una storia sul valore della libertà si articoli, nel suo livello profondo, sull’opposizione tra quest’ultima e qualche forma di coercizione. Ci saranno quindi personaggi che desiderano essere liberi, che aiutano qualcuno a liberarsi o che vi si oppongono, perché credono, appunto, nel valore opposto. Magari ci sarà anche qualche altro personaggio che non agisce, ma che si limita a predicare la bontà dell’uno o dell’altro modo di vedere le cose.

Questi personaggi determineranno il volere, il dovere, il potere e il non poter fare degli altri, secondo uno schema di questo tipo: (D1 CONGIUNTO CON V1) (O1 S1 NON POTER ESSERE CONGIUNTO V2) MA (D2 CONGIUNTO CON V2) (A2 S1 POTER ESSERE CONGIUNTO CON V2), che significa, in pratica, che un individuo (D1), che crede in certi valori (V1) e che li incarna, farà in modo che un altro assuma il ruolo dell’opponente (O1) di un altro soggetto (S1), impedendo a quest’ultimo di realizzare i propri valori (V2), ma un quarto personaggio (D2), che crede in questi ultimi e che li ha già realizzati per sé, influenzerà l’agire di qualche aiutante (A2) di S1, così che anche quest’ultimo si possa liberare e possa vivere in funzione di essi. Questa struttura “profonda” potrebbe accomunare moltissime storie sulla libertà, ma affinché queste narrazioni abbiano un senso, tutto ciò non basta, perché la stessa libertà deve essere messa a tema e si deve decidere se parlare, per esempio, di libertà da una cultura patriarcale, oppure di libertà da un regime oppressivo, oppure ancora di libertà di opinione, di movimento, di scelta del proprio genere sessuale, eccetera. Inoltre, si deve stabilire dove ambientare le vicende, in quale epoca, che fisionomia, anche estetica, devono avere luoghi e personaggi, eccetera. Tutto questo insieme contribuisce a “generare” il valore di tali narrazioni che, per l’appunto, possono avere significati per certi versi simili, ma anche molto differenti.
Nella prospettiva di E-MINDFUL, questo è interessante, perché è evidente che ogni contesto culturale ha il proprio modo di mettere a tema, per rimanere nell’esempio, le storie sulla libertà, le quali condividono lo stesso funzionamento “profondo”. Per esempio, nel racconto che in occidente viene spesso fatto dell’attuale situazione femminile in Iran, D1 è il ruolo ricoperto allo stesso tempo dall’ayatollah e dallo stato, O1 è quello della polizia morale, e tutti questi personaggi, animati dai loro valori religiosi, fanno in modo che S1, le donne, non possano congiungersi con i propri valori di libertà, rappresentati simbolicamente dalla lotta contro il velo. Nello stesso Iran e all’estero, però, ci sono persone che svolgono il ruolo di D2, vivono in funzione dei valori che le donne iraniane vogliono realizzare e, con il loro esempio e contributo, sono in grado di motivare A2 (coloro che in Iran e all’estero sostengono la protesta delle donne) ad agire per sostenere S1. Ora, è chiaro che il fatto che S1 siano rappresentanti del genere femminile, che A2 siano i loro mariti, fratelli e genitori, che D1 siano uomini attualmente al potere che chiedono a giovani guardiani (O1) di mantenere l’ordine, sono caratteristiche essenziali, per determinare il senso di questa storia. Ma il motivo per cui essa appare così significativa a tutti è perché, secondo la narrazione che gravita attorno al movimento Me Too e altri movimenti simili, anche le “nostre” donne sono da tempo impegnate in una lotta simile, che ha la medesima struttura narrativa profonda, ma varia su altri “livelli” del modello generativo di cui stiamo parlando. Nel mondo intero, infatti, nonostante l’imposizione di coprirsi il capo con un velo sia tipica solo di alcuni luoghi, vige comunque una cultura patriarcale che trova radici in valori religiosi e tradizionali che impediscono alle donne di godere di pari opportunità. Costoro, quindi, domandano l’aiuto anche degli uomini per realizzare i propri valori.
Gli esempi che si potrebbero portare, da questo punto di vista, sono moltissimi: in ogni luogo del mondo, la lotta per la libertà assume connotati differenti. Ma forse adesso è chiaro come E-MINDFUL intende guidare il processo di co-creazione dei prototipi di campagne di informazione: attraverso l’individuazione di strutture narrative profonde che sono alla base della maggior parte delle storie di migrazione, in modo che possano risuonare “universalmente”, aiutando a guardare ai migranti con occhi diversi, oltre la finzione di narrazioni costruite artificialmente per demonizzarli o vittimizzarli. Un “nocciolo profondo” che – in linea con il modello generativo – verrà contestualizzato nelle culture dei diversi paesi che partecipano al progetto. In questo modo, l’intenzione è di dare origine a narrazioni allo stesso tempo universali e particolari, capaci di accomunare i popoli a cui si rivolgono, senza perdere di vista le loro specifiche visioni del mondo e i loro problemi locali.
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